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Roma,
6 luglio 2016
Circolare n. 117/2016
Oggetto: Porti – Schema di
regolamento sulle concessioni – Parere del Consiglio di Stato n.1505 del
27.6.2016.
Facendo seguito al parere interlocutorio espresso agli inizi
di maggio, il Consiglio di Stato ha emesso il parere definitivo sullo schema di
decreto ministeriale volto a disciplinare, in attuazione dell’art.18 della
legge n.84/94, la concessione di aree demaniali e di banchine in ambito
portuale.
Il Consiglio di Stato ha preso atto favorevolmente delle
modifiche apportate allo schema di decreto dal Ministero dei Trasporti a
seguito dei rilievi formulati con il precedente parere, confermando il giudizio
sostanzialmente positivo sul provvedimento in quanto va a colmare una lacuna
normativa che dura da oltre venti anni introducendo sulla materia misure più incisive di trasparenza e
pubblicità e uniformando un regime fino ad ora troppo rimesso alle scelte
discrezionali delle singole Autorità Portuali.
Il Consiglio di Stato peraltro non si ritiene ancora
soddisfatto su un aspetto centrale dello schema di decreto riguardante la
procedura per l’affidamento delle concessioni. Secondo il Consiglio infatti non
è accettabile che la procedura di assegnazione della concessione dell’area o
della singola banchina muova esclusivamente dall’istanza dell’interessato,
senza un atto di programmazione a monte che sfoci in un bando ed in una, seppur
peculiare, procedura di gara ad evidenza pubblica per la concessione del bene.
In conclusione il Consiglio di Stato ha invitato
l’Amministrazione a individuare nella versione definitiva del provvedimento una
soluzione che tenga conto dei suddetti rilievi.
Fabio Marrocco |
Per riferimenti confronta circ.re conf.le n. 89/2016
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Responsabile
di Area |
Allegato uno |
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M/cp |
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Numero 01505/2016 e
data 27/06/2016
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per
gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione
del 23 giugno 2016
NUMERO AFFARE 00552/2016
OGGETTO:
Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti.
Schema di decreto
recante la disciplina di affidamento in concessione di aree e banchine,
comprese nell'ambito portuale, di cui all'art. 18, comma 1, legge 28 gennaio
1994, n. 84;
LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota n.
12128 del 24 marzo 2016, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, Ufficio legislativo, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato
sull'affare consultivo in oggetto;
Visto il parere interlocutorio della Sezione
in data 7 aprile 2016;
Vista la nota ministeriale n. 22210 del 6
giugno 2016;
Esaminati gli atti e udito il relatore,
consigliere Gerardo Mastrandrea;
Premesso.
1. L’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994,
n. 84, recante il riordino della legislazione in materia portuale, a cui, con
lo schema di decreto in argomento, si intende dare attuazione, prevede, in tema
di concessione di aree e banchine, che l'Autorità portuale e, dove non
istituita, l'organizzazione portuale o l'Autorità marittima danno in concessione
le aree demaniali e le banchine comprese nell'ambito portuale alle imprese di
cui all'articolo 16, comma 3, della legge, autorizzate all'espletamento delle
operazioni portuali, fatta salva l'utilizzazione degli immobili da parte di
amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di funzioni attinenti ad attività
marittime e portuali. È, altresì, sottoposta a concessione da parte
dell'Autorità portuale, e laddove non istituita dall'Autorità marittima, la
realizzazione e la gestione di opere attinenti alle attività marittime e
portuali collocate a mare nell'ambito degli specchi acquei esterni alle difese
foranee, anch'essi da considerarsi a tal fine ambito portuale, purché
interessati dal traffico portuale e dalla prestazione dei servizi portuali
anche per la realizzazione di impianti destinati ad operazioni di imbarco e
sbarco rispondenti alle funzioni proprie dello scalo marittimo, come
individuati ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della legge.
Orbene, le concessioni sono affidate, previa
determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici
portuali ivi svolti, sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro
dell’economia e finanze, con proprio decreto. Con il medesimo decreto sono
altresì indicati:
a) la durata della concessione, i poteri di
vigilanza e controllo delle Autorità concedenti, le modalità di rinnovo della
concessione ovvero di cessione degli impianti a nuovo concessionario;
b) i limiti minimi dei canoni che i
concessionari sono tenuti a versare.
Sono fatti salvi, fino alla scadenza del
titolo concessorio, i canoni stabiliti dalle autorità portuali relativi a
concessioni già assentite alla data di entrata in vigore del decreto in discussione.
Con il detto decreto debbono, altresì, essere
indicati i criteri cui devono attenersi le Autorità portuali o marittime nel
rilascio delle concessioni al fine di riservare nell'ambito portuale spazi
operativi allo svolgimento delle operazioni portuali da parte di altre imprese
non concessionarie.
Si prevede, ancora, espressamente che, con il
menzionato decreto, il Ministro competente adegui la disciplina (nazionale)
relativa alle concessioni di aree e banchine alle normative comunitarie.
Si deve, altresì, notare che, sulla base
della legge, per le iniziative di maggiore rilevanza il Presidente
dell'Autorità portuale può concludere, previa delibera del Comitato portuale,
accordi sostitutivi della concessione demaniale, ai sensi dell'articolo 11 della
legge 7 agosto 1990, n. 241.
Le concessioni o gli accordi procedimentali
sostitutivi possono comprendere anche la realizzazione di opere
infrastrutturali.
Ai fini del rilascio della concessione, è
richiesto che i destinatari dell'atto concessorio:
a) presentino, all'atto della domanda, un
programma di attività, assistito da idonee garanzie, anche di tipo
fideiussorio, volto all'incremento dei traffici e alla produttività del porto;
b) possiedano adeguate attrezzature tecniche
ed organizzative, idonee anche dal punto di vista della sicurezza a soddisfare
le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo a carattere continuativo ed
integrato per conto proprio e di terzi;
c) prevedano un organico di lavoratori
rapportato al programma di attività di cui alla lettera a).
In ciascun porto l'impresa concessionaria di
un'area demaniale deve esercitare direttamente l'attività per la quale ha
ottenuto la concessione, e non può essere al tempo stesso concessionaria di
altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l'attività per la quale
richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni
già esistenti nella stessa area demaniale, e non può svolgere attività portuali
in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione. Su
motivata richiesta dell'impresa concessionaria, l'autorità concedente può
autorizzare l'affidamento ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi
dell'articolo 16, dell'esercizio di alcune attività comprese nel ciclo
operativo.
L'Autorità portuale o, laddove non istituita,
l'Autorità marittima sono tenute ad effettuare accertamenti con cadenza annuale
al fine di verificare il permanere dei requisiti in possesso al momento del
rilascio della concessione e l'attuazione degli investimenti previsti nel programma
di attività di cui alla citata lettera a).
In caso di mancata osservanza degli obblighi
assunti da parte del concessionario, nonché di mancato raggiungimento degli
obiettivi indicati nel programma di attività, di cui alla predetta lettera a),
senza giustificato motivo, l'Autorità portuale o, laddove non istituita,
l'Autorità marittima revocano l'atto concessorio.
2. Il Consiglio di Stato ebbe a pronunciarsi,
già nel febbraio 2001 (parere n. 20/2001 del 12 febbraio 2001, ma ancora prima
cfr. il parere n. 95/98), con parere favorevole ed osservazioni, su un
precedente schema di regolamento recante modalità e criteri per il rilascio
delle concessioni demaniali marittime.
Il testo odierno sottoposto al parere
definitivo del Consiglio si compone di 15 articoli e su di esso è stato
acquisito il concerto del Ministero dell’economia e delle finanze, corredato da
alcune osservazioni, anche a titolo collaborativo, formulate dall’Ufficio del
coordinamento legislativo.
3. La Sezione, con il parere interlocutorio
emesso in esito all’adunanza del 7 aprile 2016, dopo aver premesso non brevi
considerazioni sulle problematiche emerse in sede di applicazione del regime
vigente, perdurante l’assenza del regolamento attuativo, e dopo aver
manifestato in ogni caso i sensi dell’apprezzamento per l’iniziativa
governativa, volta finalmente a fare chiarezza circa le procedure da seguire in
una materia così rilevante dal punto di vista economico-produttivo come quella
che ci occupa, assecondando lo sforzo di fornire un quadro omogeneo che limiti
le iniziative puramente discrezionali delle singole Autorità portuali, ha
nondimeno chiesto importanti chiarimenti relativamente alle scelte più
significative evidenziate nella bozza di testo regolamentare.
Proprio partendo, infatti, dall’evoluzione
che ha contrassegnato, spesso in senso critico, i commenti di giurisprudenza e
dottrina sull’applicazione, nelle more dell’atteso testo regolamentare, delle
disposizioni contenute nel regolamento per la navigazione marittima di cui al
DPR 328/1952, con le relative distinte procedure, e di cui si è dato
dettagliatamente conto nel parere interlocutorio, la Sezione ha invitato,
anzitutto, l’Amministrazione ministeriale preposta a confermare che lo schema
di decreto inviato non presentasse problemi di distonia e di mancato
coordinamento con il decreto legislativo recante la riorganizzazione e la
razionalizzazione della disciplina concernente le Autorità portuali, di cui
alla legge n. 84 del 1994, su cui il Consiglio di Stato si è espresso e che attualmente
è al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari. Testo di riforma che,
come è noto, reca, seppur sotto il profilo essenzialmente organizzativo,
importanti novità che evidentemente interferiscono con la materia de qua, come le norme in materia di
competenze delle nuove Autorità di sistema portuale e degli Uffici territoriali
portuali, e le relative attribuzioni degli Organi di vertice e gestionali,
tenendosi conto, altresì, della nuova visione strategica della politica
portuale nazionale che, come può vedersi dal testo proposto, va a permeare
anche la materia delle concessioni di cui al vigente articolo 18 della legge
84/1994.
Si chiedeva, in altri termini, una verifica
complessiva di tenuta del testo sottoposto in relazione alla contestuale riforma
della governance e
delle competenze delle Autorità portuali, e agli interventi in materia di
logistica e di pianificazione di settore (elementi tutti oggetto di richiamo
nel testo in discussione ai fini della verifica di compatibilità delle
concessioni).
Analoga conferma l’Amministrazione veniva
invitata a fornire in ordine alla preventiva compatibilità dell’assetto
delineato con le previsioni della proposta di Regolamento europeo che
istituisce un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e
la trasparenza finanziaria dei porti, presentata dalla Commissione Europea fin
dal maggio 2013 (COM/2013/296).
Del resto, non poteva trascurarsi che, in
base alla legge stessa, con il decreto in argomento il competente Ministro è
espressamente tenuto ad adeguare “la disciplina relativa alle concessioni di
aree e banchine alle normative comunitarie” (art. 18, comma 3, legge n. 84 del
1994).
In tale ottica, veniva ritenuto necessario,
altresì, adeguare e comunque coordinare il testo con la normativa del codice
dei contratti pubblici di cui al d.lg. n. 50 del 2016, recentissimamente
riformata per dare seguito alle ben note direttive comunitarie in materia.
Particolarmente utile, al riguardo, veniva ritenuta l’implementazione dei
tipici strumenti di analisi dell’impatto della regolamentazione e di analisi
tecnico-normativa (A.I.R. e A.T.N.) che accompagnavano lo schema di
provvedimento.
4. Disposta la preliminare e sollecita
acquisizione dall’Amministrazione richiedente dei detti elementi generali chiarificatori
ed eventualmente confermativi, a guadagno di tempo, e nell’ottica di favorire
il varo più rapido possibile del provvedimento attuativo, volto evidentemente a
fornire una definitiva e chiara risposta ai non pochi quesiti procedurali sorti
in siffatta materia nel lungo perdurare della lacuna normativa, si rilasciavano
altresì da subito, a titolo collaborativo, alcune prime osservazioni nello
specifico di determinate disposizioni, impregiudicata, ovviamente, la
valutazione finale da rendersi in sede di parere definitivo.
5. Il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, onerato degli adempimenti istruttori, ha fornito in data 6 giugno
2016, con relazione vistata dal Ministro, elementi di risposta a chiarimento
dei singoli punti, allegando altresì le nuove relazioni AIR e ATN, nonché,
molto opportunamente, una bozza di testo regolamentare che anticipa,
evidenziandole, le modifiche apportate in recepimento dei suggerimenti già resi
da questo Consiglio in sede di parere interlocutorio.
Considerato.
6. Fin dall’emanazione della fondamentale
riforma organica dell’ordinamento dei porti, di cui alla legge 28 gennaio 1994,
n. 84, si è proceduto nel senso della liberalizzazione del mercato delle
operazioni e dei servizi portuali assegnando alle Autorità portuali, enti di
nuova istituzione con funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e
controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e
industriali esercitate negli scali portuali ritenuti strategici a livello
nazionale (nei restanti porti le medesime funzioni fanno capo all’Autorità
marittima, che conserva, in ogni caso, le tradizionali competenze in materia di
sicurezza), il compito di promuovere al massimo livello possibile la
concorrenza in un settore caratterizzato da una naturale limitatezza delle
infrastrutture di riferimento.
Allo scopo la legge n. 84 del 1994 ha
disciplinato, tra l’altro, la gestione del demanio portuale funzionalmente
destinato alle attività commerciali marittime, rivisitando finalità e contenuti
dei tradizionali atti amministrativi di autorizzazione e di concessione,
sovrapponendosi essa al tradizionale impianto del codice della navigazione,
risalente al 1942 e, quanto al regolamento di esecuzione, al 1952, di cui sono
stati evidentemente superati impostazione e principi fondamentali.
Con l’effetto che, una volta attuato,
finalmente, l’art. 18 della legge 84/1994, potrà formalizzarsi un ambito di
applicazione non coincidente: la concessione di aree e banchine di cui si
tratta riguarda, infatti, una porzione chiaramente delimitata del territorio
all’interno della circoscrizione cui è preposta l’Autorità portuale, ovvero
l’area demaniale o la banchina utilizzabile, per sua natura e destinazione, ai
fini commerciali propri della navigazione marittima, mentre, al di fuori di
dette aree, le Autorità portuali (o, rectius, le Autorità di sistema portuale) continueranno ad
applicare, a regime, le disposizioni contenute nel codice della navigazione e
nel correlato regolamento di attuazione.
Tale breve introduzione risulta, ad avviso
della Sezione, particolarmente utile per comprendere, fin dall’inizio, come
nello stesso impianto normativo che si va, finalmente, ad attuare con il testo
regolamentare in oggetto risieda in
nuce la considerazione della peculiarità e dell’importanza, dal
punto di vista economico-produttivo, di questa tipologia di provvedimenti
concessori, e della necessità della più ampia possibile applicazione dei
principi di trasparenza e concorrenza nel settore che si va a regolamentare.
Principi che con la recente riforma
dell’organizzazione della governance in
via di definitiva emanazione assumono ancor più, se possibile, i connotati
della strategicità, nell’ottica di recuperare il gap di produttività dei porti nazionali.
7. Non si può non richiamare al riguardo,
seppur brevemente, i punti principali del parere reso dalla Commissione
speciale del Consiglio di Stato in data 9 maggio 2016, n. 1142, sullo schema di
decreto legislativo recante "Riorganizzazione, razionalizzazione e
semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alla
l. 28 gennaio 1994, n. 84", in attuazione della delega di cui all’articolo
8, comma 1, lett. f), della legge 7 agosto 2015, n. 124, tra cui assumono
particolare valenza significativa: la circostanza che trattasi della prima
riforma organica delle Autorità portuali dopo oltre venti anni; gli obiettivi
della riforma: riorganizzare e semplificare un sistema portuale frammentato e
complesso, intervenendo, nel medio e lungo periodo, sulla dimensione
“monoscalo” degli organi di governo dei porti (superando il modello obsoleto
del city port), passando
dalle attuali “Autorità portuali” alle “Autorità di Sistema portuale”, in
numero ridotto, superando così l’eccessivo localismo attuale, realizzando
maggiore interazione e integrazione con le aree logistiche del paese,
semplificando e snellendo, nel breve periodo, gli adempimenti amministrativi
connessi allo svolgimento delle attività portuali; il valore strategico stesso
della riforma: riportare l’Italia al centro dei traffici marittimi tra Oriente
ed Europa (“in un’era di
globalizzazione delle merci, occorre rendere più agile il governo dei nostri
porti e connetterli con il mondo economico e sociale, per fare del “Sistema
Mare” il motore di uno sviluppo
economico che rilanci il ruolo dell’Italia di naturale protagonista del
collegamento tra Oriente ed Europa”).
8. Orbene, questo è, e deve essere, il quadro
di riferimento, ritenuto dal Ministero richiedente pienamente compatibile, in
cui vanno valutate le linee essenziali di intervento del regolamento attuativo
dell’art. 18 in questione, di cui può condividersi, ancora una volta,
l’apprezzabile intento di colmare, trascorsi oltre venti anni, le lacune
procedurali evidenziatesi, nonché di introdurre misure più incisive di
trasparenza e pubblicità, e di uniformare un regime fino ad ora troppo rimesso
alle scelte discrezionali delle singole Autorità.
9. Ma questo non è sufficiente. Proprio il
lungo tempo trascorso e la necessità, al di là delle formali assicurazioni
fornite dal Ministero, di coordinare il regolamento con la riforma in atto e la
visione ancor più pianificata e strategica della portualità nazionale,
impongono, infatti, scelte che garantiscano effettiva competitività e
concorrenza, secondo le linee a cui si è già fatto cenno nel parere
interlocutorio del 7 aprile 2016, non rinunciando, altresì, a dare piena ed
incondizionata attuazione all’articolo 18 della legge 84, la cui impostazione
era già ben chiara al riguardo: basta fare riferimento non solo alla pubblicità
delle procedure, ma anche ai profili della durata delle concessioni, dei limiti
minimi dei canoni, della riserva di spazi operativi per le imprese portuali non
concessionarie di aree (fondamentale regola “antitrust”, volta chiaramente ad evitare posizioni dominanti
distorsive), elementi questi ultimi che non sono stati immediatamente
affrontati, nella loro integrità, nello schema definitivamente sottoposto.
In questo senso, le pur motivate e di certo
non superficiali rassicurazioni fornite dal Ministero non tranquillizzano,
cosicché la Sezione ritiene che il prosieguo dell’iter del provvedimento debba
considerarsi condizionato alla piena attuazione del mandato legislativo, con
riguardo ai punti appena elencati, senza ulteriori rinvii, ed allo
scioglimento, nel senso che si dirà, del nodo gordiano delle modalità di
affidamento e di rinnovo delle concessioni in questione.
10. In altri termini, può confermarsi un
giudizio sostanzialmente positivo circa le finalità dell’intervento normativo,
ma le soluzioni proposte in relazione alla problematica delle procedure di
affidamento ed agli altri fondamentali aspetti della durata delle concessioni e
dei canoni non possono essere condivise, e proprio il tempo trascorso e le
aspettative al riguardo maturate non giovano, non potendo essere lasciate
ulteriormente insolute tematiche critiche che la stessa legge 84 da attuare ha
posto in maniera evidentemente connessa.
Se dunque può essere vero, come non manca di
ricordare anche il Ministero, che trattasi di un settore escluso (o speciale)
ai sensi delle direttive comunitarie sugli appalti, che la norma di legge si
limita ad imporre “idonee forme di
pubblicità” e che queste ultime sono state implementate nella versione
definitivamente sottoposta rispetto al regime vigente di cui all’art. 18 del
regolamento per la navigazione marittima (si prevede ora, come minimo, la
pubblicazione della domanda di concessione sul sito istituzionale dell’autorità
concedente nonché sulla G.U.R.I. o sulla G.U.U.E. a seconda della durata della
concessione, con un ampio spettro di informazioni necessarie da pubblicare),
non può accettarsi che tutta la procedura continui a prendere le mosse
dall’istanza dello stesso soggetto interessato al rilascio della concessione demaniale
(o al rinnovo della stessa, come è il caso tipico), concedendo agli altri
soggetti solo la possibilità, in un termine che può andare da trenta a novanta
giorni, di presentare osservazioni o eventuali domande concorrenti. Si
ripercorre, dunque, uno schema ormai obsoleto e risalente (sancito quasi 65
anni fa), ideato per altri scopi e finalità (legato come era alla gestione del
singolo bene) e di certo non più confacente alle esigenze del mercato del
settore e del mondo produttivo, quale è appunto il c.d. avviso ad opponendum, ovvero una forma di
pubblicità nata per innescare essenzialmente opposizioni, dunque per
contrastare e contrapporsi ad istanze altrui e non per avanzare proposte sulla
base di un programma strategico condiviso.
Non risulta, cioè, accettabile che, invece di
assecondare le nuove linee strategiche nazionali di pianificazione e
programmazione del ruolo dei singoli porti, non più considerati entità a sé, la
procedura di assegnazione della concessione dell’area o della singola banchina muova
esclusivamente dall’istanza dell’interessato, senza un atto di programmazione a
monte che sfoci poi in un bando ed in una, seppur peculiare, procedura di gara
ad evidenza pubblica per la concessione del bene, dove la valutazione
strategica non sia spostata al momento successivo della verifica di coerenza
dell’istanza presentata per le concessioni di più lunga durata, e delle
eventuali istanze concorrenti, con l’atto di pianificazione nazionale.
E’ vero che nella fattispecie pare trattarsi
di un classica concessione di bene pubblico (demaniale) e non quindi di una
concessione di servizi, ma la necessità di applicare i princìpi di matrice
europea di trasparenza, non discriminazione, proporzionalità nelle procedure di
assegnazione appare particolarmente pregnante ed ineludibile, cosicché non
appare consentito meramente replicare, seppur con qualche significativo
aggiustamento in termini di pubblicità, un impianto contrassegnato da ben
diverse finalità e tradizionalmente operante in ben altro contesto (oltre che
in una realtà economico-produttiva risalente).
Evidente, dunque, la distonia strategica con
il decreto di riforma della governance,
e quindi il rischio che mediante nuove concessioni rilasciate ancora con le
dette modalità, o il rinnovo di concessioni esistenti, si vada ad ingessare per
interi decenni, senza una preliminare valutazione strategica, l’uso o la
destinazione di aree fondamentali per lo sviluppo del porto e dei traffici.
11. E’ essenziale, quindi, che, con riguardo
ai punti indicati, si adempia con completezza a tutto il mandato legislativo,
considerato anche che in virtù dei principi chiaramente esposti dall’art. 119
del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lg. 18 aprile 2016, n. 50), di
perfetta e fedele trasposizione dell’art. 12 della direttiva UE 25/2014, la
materia non può dirsi aliena dall’applicazione di principi comunque stringenti
ai fini dell’individuazione delle procedure selettive per l’affidamento.
E non appare, invero, casuale, che la stessa
Amministrazione in più parti del testo è intervenuta aggiornandolo con il
richiamo al nuovo codice degli appalti (con riguardo, in particolare, ai
requisiti di partecipazione delle imprese ma anche ai requisiti minimi degli
istituti di credito asseveratori dei PEF, parametrati a quelli rilevanti per la
finanza di progetto).
Del resto i principi della gara non erano
sconosciuti nemmeno all’impianto originario del codice della navigazione, che
all’art. 37, richiamato nel testo in relazione alla valutazione comparativa in
caso di pluralità di domande, reca, seppur a titolo residuale, il sistema di
scelta della licitazione privata.
12. Torna, in definitiva, di attualità quanto
preventivamente riportato nel parere interlocutorio, come approdo della
giurisprudenza e della dottrina più avvedute, circa la problematicità della
c.d. procedura ad evidenza pubblica finora utilizzata, disciplinata
dall’articolo 18 del D.P.R. 328/1952, che continua ad essere richiamata nel
testo sottoposto a parere, la cui distanza dal procedimento di gara appare evidente:
detta procedura (c.d avviso ad
opponendum), aggiornata ma che rimane integra nei suoi capisaldi anche
nel testo proposto, garantisce sì la pubblicità e la visibilità dell’azione
amministrativa, ma non limita come dovuto la discrezionalità dell’ente
pubblico, stante l’assenza di un bando e la mancata predeterminazione di
criteri di selezione delle domande, nonché, deve necessariamente aggiungersi,
la mancata fissazione dei livelli minimi dei canoni che i concessionari sono
tenuti a versare e dei criteri per individuare la durata della concessione, la
quale non può prescindere dalla pianificazione del soggetto concedente titolare
della governance e
dalla programmazione degli investimenti da effettuarsi.
13. Così, si è già osservato, la comparazione
tra più domande in concorrenza tra loro diviene ancor più complessa nel
contesto degli elementi di valutazione indicati dall’art. 18 della legge n. 84
del 1994, presentando caratteri di ampia discrezionalità, non sempre
riconducibili al mero dato tecnico. Basti pensare al rilievo del “programma di
attività” dell’impresa, documento ove è consacrato il ruolo del privato come
partner operativo dell’amministrazione, per il conseguimento di quell’obiettivo
di “sviluppo dei traffici nel porto” che è proprio dell’attività di indirizzo e
promozione dell’Autorità Portuale (e della nuova AdSP). Anche la ponderazione
di elementi come “l’effetto delle strategie di impresa per la promozione dei
traffici”, il potenziale “riflesso dell’attività sull’economia portuale”, l’effettiva
capacità del richiedente di conseguire i “risultati previsti”, sfuggono a
prerequisiti di obiettività rigorosi. Un ruolo decisivo giocheranno, sul punto,
i piani di investimento prospettati, il valore delle prestazioni rese, la
capacità di fornire un ciclo completo di operazioni, relazionate alla
complessiva affidabilità dell’impresa quale è desumibile dai requisiti
personali e professionali.
14. Individui dunque, in definitiva,
l’Amministrazione una soluzione procedurale per i futuri affidamenti che, nel
rispetto dei principi e della normativa vigenti, anche a livello comunitario,
introduca per la selezione del concessionario elementi di effettiva
normalizzazione dei margini di discrezionalità, anche grazie ad una chiara
presa di posizione non meramente conservativa sui canoni ed altrettanto chiare
direttive sulla durata dei rapporti concessori, connotando la procedura stessa
delle caratteristiche effettive della “procedura di gara”, sulla base dunque di
un bando, ove la più proficua utilizzazione del bene è definita alla stregua di
criteri obiettivi prefissati, mentre le valutazioni legate al programma di
attività potranno essere parametrate ad indici di ottimizzazione dello sviluppo
dei traffici nel porto, rimanendo comunque elemento chiave del giudizio
comparativo. Il tutto conformemente alla valutazione strategica del ruolo dei
singoli porti effettuata a livello di pianificazione nazionale e, quanto
all’area oggetto di concessione nell’ambito del singolo porto, da parte del
soggetto titolare della governance.
15. Dovendosi aggiungere, a tale ultimo
riguardo, che il Consiglio di Stato ha più volte ricordato, in sede
giurisdizionale, come sia comunque preferibile una procedura di gara con
preventiva pubblicazione di bando anche quando non sussistono domande
preesistenti, visto che è il bando stesso che può suscitare l’interesse degli
investitori e quindi l’ingresso del capitale di investimento.
E rispetto alle procedure di rinnovo della
concessione demaniale, non possono, parimenti, che richiamarsi i principi già
in più occasioni espressi dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato,
secondo cui i principi di derivazione comunitaria a tutela della concorrenza
(imparzialità, trasparenza, parità di trattamento, non discriminazione) sono
applicabili anche alle concessioni di beni pubblici, fungendo da parametro di
interpretazione e limitazione del diritto di insistenza. L’indifferenza
comunitaria al nomen della
fattispecie, e quindi alla sua riqualificazione interna in termini
pubblicistici o privatistici, fa sì che la sottoposizione ai principi di
evidenza trovi il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la
concessione di area demaniale marittima venga fornita un’occasione di guadagno
a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva
ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione (da ultimo,
Cons. Stato, VI, 7 marzo 2016, n. 889).
Operando in questo modo, può ulteriormente
aggiungersi, conformemente alla manovra in atto di riforma complessiva dell’assetto
organizzativo e di governo, si aprirebbero i porti alle opportunità di
investimento privato in una logica non di mera perpetuazione dell’esistente,
stimolando i concessionari esistenti a far pesare la propria esperienza
acquisita in una regolare procedura competitiva, che non può prescindere da una
valutazione preliminare strategica della singola realtà portuale e, ancor più a
monte, della programmazione degli investimenti rispettosa della pianificazione
nazionale per la ripresa della competitività del settore.
16. Quanto al resto delle osservazioni già
anticipate con il parere interlocutorio, si prende atto con favore delle
modifiche apportate con riguardo ad aspetti di rilievo non secondario (per
tutti l’adeguamento dei requisiti dei proponenti all’oggetto della concessione
e non alla domanda, ulteriore elemento a conforto, peraltro, della necessità di
una vera e propria procedura di gara).
Si ritiene, in questa sede, di dover
aggiungere solamente che l’attività di verifica dell’autorità concedente, di
cui all’articolo 13 dello schema, deve svolgersi con cadenza annuale, e non
biennale, in ossequio a quanto previsto dalla legge (art. 18, comma 8, legge
84/1994).
P.Q.M.
Nei termini esposti, con le riportate
condizioni, è il parere della Sezione.
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L'ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Gerardo Mastrandrea |
Franco Frattini |
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IL SEGRETARIO
Maria Luisa Salvini